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FOTOGRAFIA COME TERAPIA di Fabio Piccini

Su aroundphotography.it inaugura una nuova rubrica aperta al contributo dei lettori.

pubblicato il 30 novembre 2010


Nel ringraziare il Direttore e nel rivolgere un saluto a tutti i lettori di Around Photography, vorrei innanzitutto definire i limiti del campo che esploreremo insieme in questa nuova rubrica che procederà con cadenza mensile. Sono certo che i più curiosi tra voi avranno già sentito parlare degli utilizzi terapeutici della fotografia, ma credo sarà comunque utile introdurre qualche definizione che servirà per orientarci meglio.
Con il termine di Foto-Terapia si intendono tutti quegli interventi terapeutici nel corso dei quali uno psicoterapeuta, o un arteterapeuta, utilizzano la fotografia per aiutare un paziente a risolvere un proprio problema.
Con il termine Fotografia Terapeutica, si intendono invece tutti quegli interventi, più spesso messi in atto da persone che non sono terapeuti, miranti ad utilizzare la fotografia a scopi esplorativi, di auto-indagine, o di auto-consapevolezza. Risultano pertanto evidenti le principali differenze tra questi due ambiti di utilizzo della fotografia. Nel primo caso essa viene utilizzata come strumento terapeutico vero e proprio all’interno di un setting clinico (ad esempio in centri riabilitativi psichiatrici, o nella terapia di disturbi psicologici). Nel secondo caso viene invece impiegata come uno strumento ‘facilitatore’ all’interno di contesti non clinici (scuole, corsi di formazione, centri sociali, etc), allo scopo di aiutare le persone a diventare maggiormente consapevoli di alcuni aspetti della propria personalità e dei propri modi di essere.
Con queste modalità, da qualche anno, la fotografia si è conquistata un posto di tutto rispetto nell’ambito dell’arte terapia, caratterizzandosi come un mezzo espressivo potente e di facile utilizzo, che si sta rapidamente diffondendo anche in Italia. Tale diffusione dipende proprio dalle peculiari caratteristiche dello strumento fotografico che lo rendono particolarmente adatto a questo tipo d’uso; basti pensare che, mentre la maggior parte delle persone manifesta notevoli resistenze di fronte all’idea di utilizzare strumenti come la scrittura, la pittura, o la scultura, una fotocamera suscita molta meno soggezione e certo ispira tanta familiarità in più. Senza contare che da quando esistono i telefonini dotati di fotocamera, ormai chiunque ne possiede una sempre a portata di mano e, a giudicare dal proliferare delle foto presenti sui social networks, la usa fin troppo…
Del resto, se ci pensiamo, una fotocamera ha davvero delle potenzialità incredibili. E’ capace di vedere cose che nemmeno un occhio umano è in grado di cogliere (perché troppo piccole, o troppo fugaci). E’ capace di rivelare aspetti istantanei di realtà ai quali non prestiamo più caso (perché rientrano ormai nell’abitudine di ogni giorno). Ci permette di imparare a vedere le cose in modo diverso (da altri punti di vista, da distanze differenti, in bianco e nero, etc.). Non è selettiva (a differenza dell’occhio umano) ed è quindi molto più oggettiva nel ritrarre ciò che vede (non usa cioè lenti percettive, come invece fa la nostra mente).
Per tutti questi motivi la fotografia può essere la terapia ideale per tutti quei disturbi dello sguardo di cui la società contemporanea sembra soffrire (il guardare senza vedere, il guardare senza meravigliarsi, il non guardare affatto, il guardare sapendo già in anticipo che cosa si deve vedere, etc.) che fanno sì che pur vivendo in una civiltà sovraffollata di immagini, tutti noi guardiamo sempre più, ma vediamo sempre meno.
In questa rubrica cercherò allora di creare uno spazio virtuale dove scambiare idee, esperienze e opinioni sulla fotografia terapeutica a cui siete tutti invitati a partecipare. Lo scopo? Quello di presentarvi un interessante argomento teorico da un punto di vista pratico, che possa servire a quanti tra voi vogliano approfittare della propria professionalità per esplorare un settore che io prevedo in costante ascesa negli anni a venire.
Per quelli che sono interessati a saperne di più, consiglio da subito qualche link dove trovare maggiori informazioni in merito a questi argomenti:

- http://www.phototherapy-centre.com/home.htm (sito in inglese della canadese Judy Weiser, arteterapeuta e pioniere della fototerapia)
- http://fotografiaepsicologia.wordpress.com (sito della psicologa Floriana di Giorgio con una ricchissima rassegna di contributi e recensioni)
- http://fabiopiccini.wordpress.com (il mio blog sulla fotografia terapeutica)

Nel prossimo appuntamento entreremo nel vivo della questione trattando un argomento specifico che sarà diverso di volta in volta e a cui sarete invitati a contribuire con foto e commenti che verranno pubblicati in fondo all'articolo. Resto poi naturalmente a vostra disposizione per ogni dubbio, domanda, o suggerimento (fabio.piccini@mac.com).


Fabio Piccini
Medico e psicoanalista junghiano, è membro ordinario dell’International Association for Analytical Psychology di Zurigo. Ha lavorato come docente e ricercatore per le Università di Bologna e Stoccolma, da molti anni si dedica alle applicazioni della fotografia e della pittura alla terapia dei disturbi gravi della personalità e dei disturbi del comportamento alimentare. E’ redattore della rivista Nuove Artiterapie e presidente dell'associazione AB.it ONLUS. Ha pubblicato: Insuccessi in Psicoterapia (Franco Angeli, 1996); Anoressia, Bulimia, Binge Eating Disorders (Centro Scientifico, 2000); Ri-Vedersi (RED, 2008); Tra Arte e Terapia (Cosmopolis, 2010). Vive e lavora tra Rimini e Sansepolcro (AR).

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