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ARTICOLI > NUMERO 09 > MAGGIO/SETTEMBRE 2006

GLEN E. FRIEDMAN di Mara Mariani
Lo sguardo di un America diversa.

photo Integrità, indipendenza e un approccio fortemente politico sono alcune delle caratteristiche che distinguono Glen E. Friedman dalla maggioranza dei fotografi contemporanei. La sua capacità di non scendere a compromessi, di seguire i propri ideali e di cercare di non conformarsi ai meccanismi di un sistema, anche quello dell'arte, che non condivide, sono sinonimo di una personalità forte e anomala nel panorama mondiale.
Friedman è noto soprattutto per aver documentato la nascita e l'evoluzione delle sottoculture americane più importanti degli ultimi 30 anni, testimoniando lo spirito di un'era e influenzando milioni di ragazzi in ogni parte del mondo. Dallo skateboard radicale californiano della metà degli anni '70 al punk-hardcore e all'hip hop militante degli anni '80, ha catturato questi tre fenomeni giovanili agli albori quando erano realmente antagonisti, sovversivi, non massificati e carichi di energia. È stato coinvolto profondamente, prima ancora di imprimerle su pellicola, in ognuna di queste scene, solo in apparenza lontane, e proprio per questo è riuscito a coglierne i momenti più significativi con un intensità difficilmente eguagliabile. Guardando le sue immagini percepiamo uno spaccato della società americana e della sua gioventù inquieta, disadattata e alla ricerca di un cambiamento sociale.
l soggetti catturati dall'obiettivo di Friedman però non fanno parte esclusivamente di quelle tre importanti culture di strada e negli ultimi tempi il suo percorso fotografico si è arrichito di immagini ispirate alla bellezza della natura, in una ricerca più intima e allo stesso tempo più universale, che mira sempre però all'essenzialità, alla semplicità e alla riflessione e che non è mai slegata dal suo attivismo politico e dal suo convinto ambientalismo. Ma andiamo con ordine.
Friedman si cimenta con la fotografia giovanissimo spinto dalla sua prima e più grande passione: lo skateboard. Con una piccola macchina tascabile, iniziò a immortalare gli amici con cui si divertiva a fare skate in quella West Los Angeles che presto verrà ribattezzata Dogtown, zona povera e degradata dove Gien si era trasferito con la madre dopo il divorzio dei genitori, abbandonando, anche se solo temporaneamente, l'area di New York. Dogtown divenne nota nella metà degli anni '70 per essere il fulcro più radicale della scena e dell'evoluzione dello skateboard: proprio gli amici che Glen frequentava come Jay Adams, Tony Alva, Stacy Peralta furono i pionieri di un modo nuovo di usare e soprattutto intendere lo skate, non concependolo semplicemente come un'attività sportiva ma facendone un vero e proprio stile di vita. Con un approccio assolutamente radicale, aggressivo e un'insofferenza per ogni tipo di limite e regola, sperimentarono manovre acrobatiche mai viste prima d'allora con uno stile elegante mutuato dal surf; furono anche i primi, introducendosi furtivamente nei retri delle case e sfuggendo alla polizia, a skateare nelle vasche delle piscine svuotate in quegli anni per la siccità.
Le riviste specializzate iniziarono ad occuparsi di quei giovani ribelli, ma le foto che Friedman vedeva tra quelle pagine non gli sembravano granché. Ispirato allora dall'amico e mentore Craig Stecyk, fotogiornalista freelance conosciuto con lo pseudonimo di C.R.Stecyk III, che per primo intuì e definl la cultura di Dogtown, Friedman decise di inviare alcuni dei suoi scatti a Skateboarder Magazine, rivista culto del periodo. È il 1976 e Glen ha solo 14 anni quando le sue foto vengono pubblicate sul giornale con il quale inizierà una stabile collaborazione come fotoreporter. Da skater, Friedman era in grado di riconoscere l'apice delle azioni e quindi fermarle in un millesimo di secondo in scatti nitidi, attento a non tralasciare le espressioni dei visi di quei ragazzi per mostrarci le loro emozioni. Usando il fisheye, obiettivo che diventerà il suo marchio di riconoscimento, Friedman riprendeva anche l'ambiente intorno al soggetto in primo piano, dandoci così la sensazione di essere li con con i famigerati Z-Boys di Dogtown in quel magico periodo che di recente è stato rievocato nel bel documentario (vincitore al Sundance Film Festival nei 2004) dí Stacy Peralta intitolato Dogtown and the Z-Boys, che ha visto la collaborazione dello stesso Friedman che, a Dogtown, ha anche dedicato un libro di immagini (Dogtown the legend of the Z-boys) condiviso con il già citato fotografo e amico Craig Stecyk.
La musica era una parte integrante della scena skate e presto Friedman iniziò a seguire e immortalare anche le esibizioni dei gruppi del nascente movimento punk hardcore americano sul finire degli anni '70, sia a Los Angeles che a New York, dove tornava ogni tanto a trovare il padre. Strinse amicizie forti con varie bands delle quali condivideva ideali e attitudine. Scattò foto durante i mitici concerti dì gruppi come Black Flag, Germs, MinorThreat, Bad Brains, Dead Kennedys, Fugazi, bloccandone tutta l'urgenza, occupandosi anche delle copertine dei loro dischi e regalandoci alcune tra le più belle immagini della scena musicale alternativa americana. Le band hardcore dei primi anni '80 portarono una maggiore consapevolezza nel punk, un forte im pegno politico e sociale, un senso di comunità e condivisione e quell'etica dei Do It Yourself, cioè dell'autoproduzione e dell'autogestione, che spingerà Friedman ad autopubblicarsi nell'82 una foto fanzine chiamata "My Rules", unica nel suo genere. Verso la metà degli anni '80 grazie alla sua amicizia con i Beastie Boys, Friedman entrò in contatto con la scena Hip Hop di cui era già un appassionato, visto che la considerava la naturale progressione dell'hardcore. Era il periodo dell'hip hop militante di bands come Run Dmc, Public Enemy e di rappers come Ice T e Ice Cube, personaggi radicali la cui musica faceva da base a testi provocatori e di denucia, che sposavano le rivolte dei neri d'America e dei movimenti per i diritti civili scagliandosi, come i gruppi punk, contro la politica distante dalla realtà di Ronald Reagan. La sua amicizia con Rick Rubin e Russel Simmons lo porterà a collaborare con gli artisti della Def Jam Recording, tra le migliori etichette hip hop del periodo, anche in questo caso sia nella East che nella West Coast e firmerà con le sue foto diverse copertine di dischi oggi diventati leggenda, come il primo album di Public Enemy Yo!Bum rush the show dell'88, e una serie di scatti fondamentali per tutta la cultura hip hop ripresa per la prima volta professionalmente e con uno stile realistico. II fotografo americano fu il primo ad immortalare quei gruppi e quei rappers nei loro ambienti reali, nelle strade e durante i loro live set cercando di catturarne lo spirito, creando così quell'immagine con la quale sono stati conosciuti ed identificati nel mondo.
L'intenzione di Friedman è sempre stata quella di veicolare con il mezzo fotografico i messaggi e gli ideali degli amici che stimava profondamente e con i quali si identificava, nella speranza di far riflettere le persone e magari riuscire a provocare in loro un cambiamento di prospettiva nella standardizzata visione delle cose. Per questo all'inizio degli anni '90 decise di far uscire in proprio, per la sua sigla editoriale Burning Flag Press, un libro fotografico intitolato Fuck you heroes con il meglio dei suoi scatti dal '76 al '91, seguito nel 1996 dal sequel Fuck You Too, in entrambi i casi con un prezzo di vendita economico e accessibile a tutti. Il primo testo in particolare è un personale documento socio-politico: tutte le persone che compaiono nel libro, skaters punks e rappers, hanno saputo dire NO a chi cercava di limitare i loro ideali e la propria libertà di espressione. Persone che hanno rifiutato le convenzioni combattendo contro ogni tipo di oppressione in modo creativo e puro e con una incredibile energia. Con il terzo fotolibro The ldealist - 2O years in my eyes (nella seconda edizione ha aggiunto 5 anni), uscito sul finire degli anni '90 e sempre autoprodotto, Friedman ci presenta una visione completa della sua estetica includendo per la prima volta anche foto dedicate alla bellezza universale della natura, In questi ultimi lavori si fa più forte la composizione delle immagini che risultano armoniche ed equilibrate. Accompagnano gli scatti pensieri sull'idealismo scritti da alcuni amici del fotografo tra cui il politico Ralph Nader e lan Mackaye. The ldealist, più introspettivo dei suoi predecessori, segna un distacco evidente dai soggetti protagonisti dei primi due libri: tutte le scene alternative che il fotografo americano aveva documentato nel loro periodo più puro, ingenuo e anticonformista, a partire dagli anni '90, sono state inglobate nel mercato, nel consumo di massa, tolte dal loro contesto originale e svuotate di significato. Friedman dunque si sente ora meno coinvolto rispetto a questi movimenti. È convinto che la saturazione dei media uccida la creatività negando alle persone la possibilità di crescere e svilupparsi in maniera indipendente. Anche per questo il fotografo cerca un contatto sempre più diretto con la natura e indirizza il suo obiettivo sulla verità e la bellezza intrinseca di ogni situazione primordiale, attraverso immagini di grande lirismo, dando importanza ad ogni soggetto sia esso un filo d'erba, un albero centenario o una serie di nuvole. Proprio alle nuvole è dedicato il recente Recognize, pubblicato nel settembre del 2005, volume monografico che comprende gli scatti fatti da Friedman negli ultimi 5 anni dagli aerei, in giro per il mondo, o semplicemente osservando il cielo dalla finestra di casa. Per Friedman le nuvole rappresentano la perfezione della natura, l'unicità di ogni istante, l'incessante movimento e il costante cambia mento, tutte caratteristiche che si possono ritrovare anche nell'uomo, ed è proprio il cambiamento che il fotografo auspica verso una nuova, migliore società.
Il fotografo sente la responsabilità di cercare di "riallineare l'estetica visiva delle giovani generazioni" riportando le persone alle basi e facendogli riconoscere la bellezza semplicemente per quella che è, con l'invito a rispettare tutto ciò che ci circonda. Anche se le immagini di Friedman richiamano il modernismo fotografico americano caratterizzato da forme chiare ed essenziali, nel suo percorso di ricerca non inquadra solo ciò che vede, ma ciò in cui crede ed è proprio in quest'atto fondamentale che si delinea la sua poetica. Il suo approccio è volutamente diverso dai tanti fotografi professionisti: scatta poco per non sprecare pellicola e quindi inquinare e, essendo vegano, ha chiesto più volte alla Kodak di cercare di produrre rullini senza usare gelatine animali. Non lavora inoltre su commissione e ha rifiutato incarichi da grosse Multinazionali per le sue convinzioni etiche, usa inoltre solo gli strumenti strettamente necessari perché crede nelle cose minimalí e semplici. ll suo attivismo politico radicale lo ha portato a scendere in strada nelle tante manifestazioni che si sono svolte negli Stati Uniti contro la guerra e in maniera ancora più convinta dopo 1'11 settembre 2001, per protestare contro la politica dei governo Bush. Glen E. Friedman, che ormai da anni vive e lavora stabilmente a NewYork, ha ideato nel 2004 una protesta pacifica, esponendo alle finestre di alcuni appartamenti di un edificio affacciato su Ground Zero, con il permesso e la collaborazione dei proprietari, diversi pannelli con scritte pacifiste e contro gli interessi economici legati alla guerra; dopo qualche mese però le installazioni sono state forzatamente rimosse. Il semplice dissenso oggi negli Stati Uniti è tacciato di antipatriottismo e l'obiettivo della Liberty Street Protest di Friedman è stato quello di mostrare alle persone che è necessario, oggi più che mai, non avere pa ra di esprimere le proprie idee. Di recente in Italia, alla Triennale di Milano, la mostra Reautiful Losers - Contemporary Art & Street Culture, dedicata a più di 30 artisti provenienti dalla cultura underground americana il cui lavoro è stato ispirato dalla strada, ha visto presente Friedman con alcuni dei suoi primi scatti fotografici legati alle scene punk, hip hop e skate. Friedman è stato così inserito tra i pionieri della Street Art accanto a nomi come Stecyk, Crumb, Pushead e Pettibon.

FOTO 1 > Tony Alva, "Dogbowl", Santa Monica, California, 1977, dal libro Fuck You Heroes
FOTO 2 > Bambo, 1994, dal libro The Idealist
FOTO 3 > H.R. Bad Brains A7 New York City, 1982, dal libro Fuck You Heroes

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